Carlo Bernardini

La materia è il vuoto
La rivincita di un angolo può essere la trasformazione dello spazio da una posizione quasi mai presa in considerazione nei luoghi espositivi, molto spesso sottovalutata e secondaria rispetto alle più protagoniste pareti. L’angolo in veste di contenitore può diventare esso stesso opera, trovando così il suo riscatto nella riconfigurazione dello spazio attraverso una nuova architettura di luce.
La fibra ottica è un pretesto per plasmare lo spazio, e il buio è la base di questo disegno mentale in quanto davanti a esso si è obbligati all’immaginazione, a una sorta di vedere non vedere.
Ma la vera materia è il vuoto, e la luce ne cristallizza la forma.
L’opera si appropria di un luogo imponendosi quale unica dominante, così come nella natura sono quelle pietre senza tempo, scolpite dal vento, incise dall’acqua e tinte dal sole.
La materia non è detto sia quella che sembra essere... può essere invece quella che non c’è.
La luce tende a plasmare il vuoto, e la trasformazione più grande che l’arte contemporanea ha vissuto non è tanto quella dei nuovi materiali, dei nuovi linguaggi o concetti espressivi, quanto la perdita del perimetro in un quadro e del volume proprio nella scultura; ciò accade nelle installazioni ambientali la cui occupazione dello spazio dettata dall’idea, domina lo spazio stesso.
Affrontare con la luce le grandi architetture può essere esaltante come il ‘brivido delle vertigini’, ossia misurarsi con qualcosa di già grande che si può sfidare ma esserne al contempo annientati.
Se le forme di luce si bloccano in una fissità apparente, possono determinare sottili giochi di equilibrio, ed una mobilità percettiva che può permettere di non vederle mai uguali a se stesse, da qualsiasi parte interna o esterna le si guardi.
E’ qui che l’opera può allora sovvertire la distinzione con il contenitore, sottraendolo alle funzioni ordinarie della vita dell’uomo, divenire essa stessa lo spazio, e condurlo per mano in una dimensione “altra”, il luogo del pensiero.
Carlo Bernardini - Milano 2011
(Testo scritto in occasione dell’installazione “La rivincita dell’angolo” presentata al MACRO Museo di Arte Contemporanea di Roma, Luglio 2011).

 


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